Nel grigio dipinto di Blu - Cancellare l'arte per salvarla
Annalisa Grassano | On 15, Mar 2016
Il gatto Blu non c’è più.
di Annalisa Grassano
Blu, Blu, Blu ,Blu, da alcuni giorni quasi non si parla d’altro. Ovviamente non stiamo parlando di un colore ma di uno dei più importanti graffiti artist italiani.
È molto difficile cercare di spiegare cosa sia la street art, anche perché lo stesso termine di per sé non chiarisce ma confonde. La parola “street art” è stata inventata dai mezzi di comunicazione di massa per definire quelle forme di arte che si manifestano in luoghi pubblici. Una specie di marchio che cerca di uniformare in un unico macrogruppo una serie infinita di realtà artistiche molto diverse.
Forse l’errore principale sta proprio nel voler dare una definizione a qualcosa che per sua natura è uno strappo oltre il muro e quindi oltre il definibile.
Tornando al nostro Blu, la questione, ormai nota, riguarda la sua decisione di cancellare dai muri di Bologna tutti i suoi lavori in risposta alla mostra sulla street art organizzata dall’istituzione Genus Bononiae. Una mostra che secondo gli organizzatori nasce dall’esigenza di “salvare la street art dalla rovina dell’usura e del tempo”, ma che non considera l’essenza di questa forma artistica.
La musealizzazione dell’arte di strada è di per sé un controsenso, infatti parliamo di un’arte “site-specific”: il luogo dove si dipinge è parte dell’opera stessa, un eventuale deperimento nel corso del tempo fa parte del gioco. Strappando le opere dal contesto in cui nascono si rompe questo meccanismo e in questo modo si ferisce il frutto dell’atto creativo, le opere di Blu saccheggiate e rinchiuse in un museo non hanno più alcun valore, perché private della propria anima.
Parliamo di un’arte pubblica, che spesso sorge in periferie, in zone di degrado al fine di portare il bello e il suo potere proprio lì dove ce n’è più bisogno, con un unico destinatario: la gente.
A questo proposito sorge la seconda questione: a chi appartiene un’opera? All’artista o alla comunità? Molti hanno condannato l’azione di Blu, definendola un suicidio e un atto di violenza ai danni del pubblico.
Ovviamente è evidente che Bologna abbia perso un piccola porzione di bellezza, ma credo che, in questo caso, nella cancellazione dell’opera da parte del suo creatore non vi sia il suicidio della stessa ma al contrario in qualche modo un completamento.
Il suo messaggio è arrivato ovunque e più forte di prima, in questi giorni su Facebook è nato un evento dal titolo “Partecipa per non partecipare alla mostra Bansky&co“, un appuntamento per il 18 Marzo, in concomitanza con l’inaugurazione della mostra a Palazzo Pepoli, una manifestazione che ha già raccolto migliaia di adesioni.
Dostoevskij diceva che La bellezza salverà il mondo e noi siamo convinti che questo sia vero, ma oggi purtroppo siamo al punto di dover salvare la bellezza dal mondo, in fondo Blu ha solo cercato di fare questo.
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