Renato Fucci - Un'intervista con l'artista
Annalisa Grassano | On 05, Lug 2017
Intervista a Renato Fucci: “Non c’è differenza fra una parte di me e la mia musica. La musica è tutto me. Io sono tutto nella musica”.
di Annalisa Grassano
ll nuovo lavoro di Renato Fucci, Primidimaggio, è un avvincente concept album per piano solo, che il pianista e compositore ha pubblicato alla fine di aprile, sulla scia del successo raccolto in rete dal suo video Stralunà.
La storia è affidata alla voce narrante del pianoforte, una voce che arriva potente e che sembra essere in qualche modo familiare, una familiarità violenta che inchioda l’ascoltatore al muro dei suoi stessi ricordi, rendendolo ostaggio di una nostalgia avida.
Un viaggio sonoro che evoca una miscela di immagini, pensieri, suoni, sensazioni; un lavoro curato, ben orchestrato, realizzato con maestria e con la passione di chi non può immaginare la propria esistenza senza la musica. Fucci quando suona è se stesso, senza alcun filtro dona la più intima parte di sé al proprio pubblico, in una costante evoluzione che infrange le paure e accorcia la distanza dagli altri.
Un raffinato progetto di ricerca, che lo porta a un risultato molto interessante sia dal punto vista sonoro che concettuale.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo ed ecco cosa ci ha raccontato:
INTERVISTA A RENATO FUCCI
Come nasce la tua passione per la musica?
Nasce in maniera semplice e spontanea. Come capita a ognuno di noi in età adolescenziale l’amico/compagno di turno ti stimola a fargli compagnia in un percorso artistico. Il percorso delle “scoperte”, quelle profonde ed espressive dell’anima, quelle che bussano alla porta dell’espressionismo introspettivo, quelle che ti aprono al mondo, cercando un canale per comunicare con le generazioni future lasciando traccia indelebile della tua sensibilità.
Che rapporto hai con il pianoforte?
Il pianoforte è l’amico, il compagno, l’amante con il quale dialogo in ogni momento e sul quale scarico ogni cosa: dalla rabbia alla gioia, dalla tristezza alla felicità, dal sorriso al pianto lacerante. È la parte che mi rappresenta più di tutte perché in lui si rifugia il mio “animismo”, quell’Io che a volte è difficile portare con sé perché ingombrante e troppo intransigente.
Renato Fucci – Un’intervista con l’artista
Il tuo lavoro è un vero e proprio viaggio, basta chiudere gli occhi per essere catapultati in momenti di vita propria e altrui. La tua è una musica particolarmente evocativa che non si limita a raccontare ma mostra con immagini anche emozioni e sentimenti molto intimi.
Che rapporto c’è tra il mondo dei suoni e il mondo delle immagini?
Il legame è profondo e simbiotico. Ogni nota che trascrivo sul pentagramma, ogni suono è un colore della natura, una sfumatura che deve rappresentare esattamente l’immagine scolpita nella mia mente.
Amo narrare sempre un pezzo della mia vita intima e profonda per far viaggiare lo spirito nel mondo del subconscio. Il ritmo poi dona l’azione, il movimento alle cose, agli oggetti apparentemente inanimati. Per questo la musica ha un potere molto più profondo, quello che scava in ogni stanza dell’anima generando emozioni che nessuna altra forma artistica riesce a trasmettere. È una vera magia!
Come dice Ezio Bosso: “Il musicista dirige con la bacchetta allo stesso modo di come il mago fa con le sue magie”.
C’è molto di te nella tua musica, che effetto fa donarsi in maniera così intima e profonda ad un pubblico attento?
È del tutto naturale e spontaneo darsi alla musica. Non c’è differenza fra una parte di me e la mia musica. La musica è “tutto me”. Io sono “tutto nella musica”. Un po’ come qualcosa che ti consente di vivere: se la togli è come amputare un arto. Non ci sono forzature. Se lo “strumento” diventa il tuo amico profondo, solo a lui diresti ciò che a nessun altro confideresti.
Stralunà – Renato Fucci, directed by: Silvio Iovanna – video courtesy of: Renato Fucci
Parliamo del tuo ultimo lavoro, qual è stato lo spirito con cui hai composto questo album?
Lo spirito di colui che ad un certo punto della sua vita decide di partire per un viaggio non conoscendo neppure la meta. Introduce nella sua valigia tutti i sentimenti di questo mondo quelli che ormai si sono aggrovigliati fino a non riuscire più a riconoscere il bandolo della matassa. Pensa poi di doverli sgrovigliare delicatamente, accarezzando il gomitolo che per troppo tempo è stato aggrovigliato frutto della distrazione e dell’approssimazione. Ad ogni tappa il protagonista lo tira fuori e comincia ad allungare il filo…fino ad arrivare al capo.
Impossibile non introdurre nella valigia l’amica del cuore: la “Fantasia”, quella che viaggia tra l’onirico e la realtà, dotata di una formidabile lungimiranza.
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