Fabio Biale - "Il cappellaio matto" della musica
Annalisa Grassano | On 08, Ago 2014
Intervista a Fabio Biale, un artista fuori dagli schemi.
di Annalisa Grassano
INTERVISTA A FABIO BIALE
Fabio Biale è un bravissimo musicista che vanta importanti collaborazioni con differenti artisti italiani e stranieri. Ha collaborato con iVenus, Amici di Django, Stefano Ronchi, I luf.
Nel 2005 entra a far parte dei Zibba & Almalibre con i quali pubblica tre album tra i quali “Come il suono dei passi sulla neve” che vince il Premio Bindi 2011 con il brano “Anche di lunedì” di cui è co-autore e il premio Targa Tenco 2012 nella categoria “Album dell’anno”
Collabora con I Liguriani, con loro pubblica nel 2011 “Suoni dai Mondi Liguri” presentato in La Stanza della Musica su Rai3.
Riuscire a rendere in un’intervista uno come Fabio Biale è molto complicato, rinchiuderlo in una serie di domande rischia di frenare la sua comunicativa e colorita essenza, è un personaggio al di fuori degli schemi capace di fare musica semplicemente perché ama farlo, privo di secondi e terzi fini.
La sua profonda sensibilità melodica e il tocco raffinato si uniscono ad un abilissimo uso della lingua e ad un senso di armonioso sberleffo, abbatte tutto ciò che è stantio e attinge alla natura più profonda e istintiva dell’animo umano.
In Fabio è viva la voglia di comunicare, di raccontare il suo personalissimo modo di guardare alle cose, la semplicità, la leggerezza, la poesia, nascosta tra le pieghe di un’ironia scudo e spada allo stesso tempo.
È un “cappellaio matto” della musica con un’anima grande e inquieta come i cieli d’Irlanda.
La vera scelta è quale musica fare o quale musica ascoltare?
Quale musica ascoltare è un elemento fondamentale.
La musica che ascolti sono i grassi, la tecnica e l’esercizio le proteine, i carboidrati suonare nel senso più musicale del termine, le fibre il silenzio, il sale la creatività. Nel loro insieme danno l’energia e salubrità alla musica che crei.
I nutrizionisti dicono: grassi 17%, proteine 12%, carboidrati 64%, fibre 6%, sale 1%.
Ora, se la musica da ascoltare la affrontiamo da nutrizionisti, ci troviamo di fronte ad un discorso davvero interessante, non trovi? Anche perché queste percentuali sono assolutamente perfette per la musica (sale-creatività incluso, ché, come del resto diceva Kandinskij, spesso l’originalità si aggira nei pressi della banalità)!
Così abbiamo scoperto che quasi un quinto della musica che facciamo è fatta di quello che abbiamo ascoltato. Una bella responsabilità. Poi i grassi sono delicati: sono indispensabili, danno energia quando non sappiamo più dove pescarne, sono una riserva. Però sono infidi: assunti malamente fanno venire il colesterolo, affaticano, portano all’obesità, stancano il cuore.
Ho ascoltato di tutto. Mio nonno (quello della Canzone d’amore eccetera eccetera) mi faceva ballare in braccio a tempo della Carmen di Bizet, di sinfonie di Rossini, di ballabili lisciaroli (ecco, da qui era già irrinunciabile!), poi il rock e i cantautori, i Queen, i R.E.M., di nuovo la classica, la musica antica, l’irlandese, il swing manouche. Un pasticcio orrendo! Perché gli ascolti si seguivano e si sovrapponevano sempre di più. Da un po’ di tempo faccio fatica a trovare qualcosa che mi rapisca davvero. Qualcosa che mi parli chiaramente, che mi faccia rabbrividire sul serio. Lo sto trovando nella musica tradizionale, italiana e no, scarna, arcaica e modernissima allo stesso tempo.
Quindi, fra le due opzioni propendo per “quale musica ascoltare”. Quando scelgo, sono già a metà dell’opera creativa anche senza aver buttato giù una nota.
Stai lavorando al tuo prossimo album, puoi regalarci qualche anticipazione? Quando uscirà?
Ora sto lavorando al nuovo disco dei Liguriani, musica tradizionale dalla Liguria e dall’Appennino retrostante. Un bel lavoro che uscirà nei prossimi mesi che speriamo continui a portarci in giro per l’Italia e il mondo. La Germania ormai ci ha praticamente adottato! E in autunno è probabile una tournée negli Stati Uniti. I Liguriani sono una band straordinaria, musicisti eccezionali e tanta passione sana. Poi tanta musica irlandese con i Birkin Tree e un album nel 2015.
Per il mio disco solista, la primaverà 2015 sarà quella buona, ma la musica che ci sarà dentro per ora turbina senza una concretezza lineare precisa. Come del resto fu per La sostenibile essenza della leggera.
“La sostenibile essenza della leggera” è un collage pazzesco di dieci canzoni scritte in momenti diversi della tua vita dall’adolescenza ad oggi, cosa ha rappresentato per te?
Lo dici anche tu: un collage pazzesco. Si torna sempre daccapo: ne arrivo da ascolti così diversi da non riuscire ad ormeggiarmi a nessuno di essi. E’ anche un difetto. Molti lo hanno sottolineato, esaminando l’album. Spesso disomogeneo. Qualcuno ha scritto che ho maneggiato bene molti linguaggi ma – chi è e dov’è Fabio Biale?- si chiedono. Risponderei che quella roba lì è Fabio Biale: non una zuppa; piuttosto un fedifrago che tradisce continuamente i suoi amori musicali, amandoli tutti con rabbia libidinosa.
Credo che questa camaleonticità sia da mettere sotto la lente per darne un giudizio di merito.
Il camaleonte è scenografico, è uno giusto, è sempre diverso, trasformista, se la arrangia alla grande. Ma di che colore è il camaleonte? Tu lo sai?
Dunque, credo che da queste parti stia la mia qualità migliore che spesso confina col peggiore difetto: sono uno spesso adatto o uno che si adatta spesso? In entrambi i casi sempre entusiasta.
Cosa ha rappresentato quel disco? Il primo lungo viaggio da solo in treno, la prima guida solitaria dopo la patente cosa hanno rappresentato? Nulla, sono tutte situazioni già vissute: sono solo un viaggio in treno, una guida che avevi, in qualche modo, già fatto, con un mezzo in cui sei cresciuto. Ma non le dimenticherai mai perché, nella banalità del gesto in sé, ti prendevi le prime responsabilità. Ora toccava a te. Aprivano e chiudevano un ciclo che, in fin dei conti, non era neanche un ciclo. La sostenibile essenza ha rappresentato il passaggio dall’età puerile, che infantile non era, all’età della maturità, che non ho ancora raggiunto.
Da poco è finito Sanremo e abbiamo ascoltato tante canzoni d’amore(forse troppe), come non dovrebbe essere scritta una canzone d’amore? Ma è davvero possibile scrivere d’amore?
Ti rispondo con una filastrocca in quartine di decasillabi ABAB che ho scritto all’uopo per te!
Non si scrivon canzoni da more
che le rosse l’avrebbero a male;
ovviamente, no a frasi con “cuore”
ché anche Dante diventa banale.
Non si dice da anni “sei mia”
nella lingua parlata italiana,
e prevede una grande ironia
sospirarla su un’aria zigana.
Non adoro un granché gli “io e te”
come fossero eroi arturiani
erti a simboli senza un perché
di amorevoli mondi lontani.
Non gradisco, di norma, l’ammicco,
passepartout ai sospiri di donna,
quello charme già marchiato Baricco
da cenacoli sotto la gonna.
Molto meglio un racconto pulito
qualche nota di puro tran tran:
indugiar su com’è il suo vestito,
raccontare l’incontro sul tram;
quando il tono è piuttosto sincero
e ti mostra per quello che sei
e il racconto non è tutto vero
ma tu sei quello lì, e lei è lei.
Ma se non ci son leggi in Amore
come puoi ritrovarle in Canzone,
quando amore è un impero in splendore
e canzone è una bella frazione?
Non si scrivon canzoni d’amore
non si ama in realtà mai davvero,
il gelsomino non ha un buon odore
e la mela è il frutto del pero.
Ringraziamo Fabio per il tempo, la disponbilità e l’entusiasmo che ci ha trasmesso.
All images courtesy of Fabio Biale.
– Further reading:
– Fabio Biale / I Liguriani: Fabio Biale / I Liguriani
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