Mustafa Sabbagh - “XI Comandamento: Non dimenticare”
Redazione Art-Vibes | On 02, Ott 2017
Forlì accoglie la mostra antologica di Mustafa Sabbagh, “una collettiva di un unico artista“.
di Redazione Art Vibes
Picture: mustafa sabbagh – XI comandamento: non dimenticare, musei san domenico, forlì – 14 ottobre 2017 – 14 gennaio 2018.
«Uno schizofrenico non dimentica. Uno schizofrenico accumula».
Il corpus della mostra antologica itinerante di Mustafa Sabbagh “XI Comandamento: Non dimenticare” prende forma su una riflessione che è insieme confessione dell’uomo, e anelito dell’artista. Un progetto espositivo il cui battesimo, avvenuto a Palermo, è valso a Sabbagh il conferimento della Cittadinanza Onoraria del capoluogo siciliano.
La sua seconda meta, su invito dell’Assessorato alla Cultura e con il prezioso supporto della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, sarà il Complesso dei Musei San Domenico con la chiesa di San Giacomo, in cartellone dal 14 Ottobre 2017 (in concomitanza con la Tredicesima Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI) al 14 Gennaio 2018. Satelliti dell’antologica, con inaugurazione il 21 Ottobre, due interventi site-specific dell’artista negli spazi espositivi della Fondazione Dino Zoli e della Galleria Marcolini (Forlì).
XI Comandamento, monito laico che sacralizza l’arte, è «la collettiva di un unico artista», come Sabbagh stesso la definisce. Memoria come comandamento e schizofrenia come metodo. Storia dell’arte, e storia dell’artista. Accumulatore seriale di urgenze sociali restituite attraverso la sapienza di un gesto – declinato in una coralità di medium espressivi tra i quali, per la prima volta, un inedito ciclo pittorico – il dovere cui più profondamente si attiene Mustafa Sabbagh, ravvisabile in ogni tappa del progetto antologico così come in ogni suo singolo progetto in mostra, è quello della celebrazione dell’uomo, della sua pelle come urna, della sua dissociazione come urgenza di non-allineamento. XI Comandamento è il Vaso di Pandora, il cui scoperchiamento è catarsi. XI Comandamento è la Sospensione del Tragico, mentre tutto intorno brucia.
mustafa sabbagh – onore al nero _ untitled, 2016, stampa fine art su dibond, ed. di 5 + 1 pa
La nuova rassegna, oltre a presentare il nucleo essenziale delle opere più iconiche di Mustafa Sabbagh, consterà di due percorsi specifici all’interno del complesso museale, e di una triangolazione espositiva all’interno di una città capace di fare sistema attorno all’arte e alla cultura.
Il primo percorso espositivo occuperà in toto la chiesa di San Giacomo, dove – accanto ai cicli fotografici che lo hanno reso celebre quali “About Skin” (2010), “Memorie Liquide” (2012) e “Onore al Nero” (2014 – cont.), alla video-installazione “anthro-pop-gonia” (2015) e alle due opere multimediali “Das Unheimliche” (2016) e “Dark Room” (2016) – prenderà forma l’installazione ambientale che, come prevede l’essenza del florilegio dedicato a Sabbagh, muterà a seconda dello spazio espositivo che, di volta in volta, accoglierà l’antologica dell’artista.
Laddove a Palermo Sabbagh ha installato due enormi vasche contenenti l’acqua del mare che bagna la città, contaminata prima di nero (fase alchemica della nigredo), poi di bianco (fase finale dell’albedo), per Forlì Sabbagh ha progettato, con il prestigioso supporto di Antonio Ravalli, due nuove, imponenti strutture: l’una in legno trattato secondo l’antica tecnica giapponese dello shou-sugi-ban, a sostegno della sua memoria fotografica, l’altra in carbon coke, a contenere l’inedito ciclo pittorico dell’artista, nuova declinazione della serie “Onore al Nero” attraverso il medium della pittura. «Man, be my metaphor»: un’installazione ambientale come metafora di uno stato dell’arte e della cultura che, nella visione dell’artista, si porrà come Fenice del contemporaneo.
mustafa sabbagh – hebe vs. hebe, 2017, stampa fine art su dibond, cm 150×180 – ed. di 5 + 1 pa courtesy: l’artista, musei san domenico e fondazione dino zoli [fo].
Il secondo progetto vede la prosecuzione del percorso di mostra all’interno dei Musei San Domenico, condividendone le sale con l’antologica di Elliott Erwitt.
Rinnovando la collaborazione con la Fondazione Antonio Canova – Museo Gipsoteca Antonio Canova, in occasione delle celebrazioni intercorrenti per il bicentenario della creazione dell’Ebe (1816-1817), la città di Forlì ha invitato Sabbagh a risemantizzare attraverso il suo riconoscibile gesto la celebre scultura, acme del Neoclassicismo e simbolo artistico della città, ivi conservata ed esposta.
Hebe vs. Hebe [2017]
Ambrosia vs. tabacco. Marmo niveo vs. pece densa. Hebe vs. Hebe [2017]. Ha percorso due secoli in punta di piedi; si è ora seduta, si è spogliata, ha chiuso gli occhi e così facendo, ancor prima di offrirsi allo sguardo, si è guardata.
Mustafa Sabbagh conduce una riflessione sul significato di Libertà incarnato dall’Ebe di Antonio Canova [1817] – capolavoro della classicità statuaria conservato ai Musei San Domenico – riconducendolo alla contemporaneità attraverso il suo noto gesto. Laddove Canova agì in levare, intervenendo su un blocco di marmo per liberare la dea intrappolata nella roccia, Sabbagh fende la luce per liberare la donna intrappolata nel canone.
Altera, ieratica, compatta. Imbevuta di nero, levigata di ombra, l’Ebe di Sabbagh abbandona la plasticità della posa per raccogliersi in se stessa. Il panneggio del tessuto – non più decoro, ma conforto – è un continuum con le increspature della pelle, geografia di un vissuto consumato nella sua sacra carnalità, magnificato nell’atto dell’artista.
Il nostro sguardo, di spettatori e voyeur, non ha più necessità di rivolgersi verso l’alto perché l’Ebe di Sabbagh – metafora eterna di Libertà – è finalmente a misura d’uomo. Nobile come una dea, divina come una donna, granitica nel suo consapevole abbandono del bianco accecante a favore del nero profondo, della perfezione preconfezionata a favore dell’unicità. È questa la Libertà, per l’artista e per l’uomo: sedersi, spogliarsi, chiudere gli occhi e, finalmente, guardarsi.
“Nobile come una dea, divina come una donna, granitica nel suo consapevole abbandono del bianco accecante a favore del nero profondo, della perfezione preconfezionata a favore dell’unicità. È questa la Libertà, per l’artista e per l’uomo: sedersi, spogliarsi, chiudere gli occhi e, finalmente, guardarsi. ”
Nel percorso che accompagna alla visione del capolavoro della classicità statuaria, Sabbagh occuperà la sala sospesa e la sala antistante quella dell’Ebe per installare una selezione da ciclo inedito di opere fotografiche, ritraenti attraverso i suoi raffinati stilemi i modelli originali delle sculture del Canova conservati nella gipsoteca ad egli dedicata a Possagno – sua città natale – alcuni dei quali seriamente danneggiati durante i bombardamenti della prima guerra mondiale.
mustafa sabbagh – Ferite _ untitled, 2017, stampa fine art su dibond, ed. di 5 + 1 pa. courtesy: l’artista, gypsotheca e museo antonio canova [possagno, tv], galleria marcolini [fo]
Tali “Ferite” (da cui il titolo del suo nuovo progetto fotografico), come per l’installazione site-specific in San Giacomo e come per l’antica tecnica orientale del kintsugi, portano in luce attraverso il gesto dell’artista uno dei leitmotiv dell’opera sabbaghiana: quello della ferita come magnificat dell’unicità, connaturata ad ogni essere umano.
Flash schizoidi del suo corpus fotografico anteriore, in ideale continuum con il suo florilegio in San Giacomo, un’opera di video-mapping proiettata su uno dei gessi originali del Canova e l’opera fotografica inedita dedicata all’Ebe – che Sabbagh donerà alla città per l’esposizione permanente all’interno dei Musei, grazie al prezioso supporto della Fondazione Dino Zoli – chiuderanno il percorso all’interno del San Domenico.
Percorso che vedrà infine un richiamo, al di fuori dalle mura museali, in una città pronta a fare sistema attorno all’arte contemporanea, nelle sale della Fondazione Dino Zoli e all’interno della Galleria Marcolini.
Il primo spazio, celebre per la sua eccellente collezione di arte contemporanea e pronto ad inaugurare la sua stagione espositiva, vedrà l’installazione del celebre ciclo fotografico sabbaghiano “Made in Italy© – Handle with Care” (2015, già acquisito dalla collezione permanente di arte contemporanea del MAXXI di Roma), a coronamento di un potente intervento site-specific dell’artista, riflessione personale sull’urgenza di accoglienza e sulla capacità di integrazione a partire dalle proprie uniche, fortemente simboliche, peculiarità.
Mustafa Sabbagh – mytho-maniac, Chat Room
Le sale della Galleria Marcolini accoglieranno infine la video-installazione dell’artista “Chat Room” (2014), lettera d’amore tra un Cristo e un Giuda figli di una contemporaneità che chiede resurrezione.
La potenza, tanto artistica quanto umana, di “XI Comandamento: Non dimenticare” risiede dunque nella capacità di innesco di innumerevoli link filologici – uno per ognuno dei visitatori, e per ciascuno dei percorsi di mostra – tra video e fotografia, tra suono e silenzio, tra acqua e fuoco, tra il nero di una vita consumata e il bianco di un marmo offeso.
Ed è nella ripetizione di un corpo nero, di un mare nero, di una sigaretta che brucia, di una Vesperbild de-genere, di una vita alla frontiera, che Mustafa Sabbagh – pur di non dimenticare – confessa la serialità di un delitto attraverso la sua riconoscibilissima, efferata bellezza.
mustafa sabbagh – rinasci:mentale, 2015, installazione multimediale [scultura in gesso + video HD], dimensioni variabili
mustafa sabbagh – voyeurismo _ untitled, 2016, stampa fine art su dibond, ed. di 5 + 1 pa
– via: Art Vibes submission – photo credits & courtesy of: ©Mustafa Sabbagh
– Exhibition info: Mustafa Sabbagh – “XI Comandamento: Non dimenticare”
– When: 14 ottobre – 14 gennaio 2018.
– Where: Musei San Domenico, piazza Guido da Montefeltro, Forlì.
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