La figura del gatto nell’arte - Dagli Egizi agli NFT
Redazione Art-Vibes | On 04, Ago 2022
Misteriosi, indipendenti, solitari: quando i gatti sono i protagonisti delle opere d’arte.
di Redazione Art Vibes
Picture: Frida Kahlo – Autoritratto con collana di spine.
La figura del gatto nell’arte è presente fin dall’antichità grazie alla vicinanza del felino all’umanità e al simbolismo che da sempre lo accompagna.
La sua presenza ricorre fin dai tempi più remoti, quell’aura di mistero che contraddistingue il felino da sempre ha ispirato l’iconografia più antica.
Andando a ritroso nel tempo, nel sito archeologico di Gobekli Tepe, zona sud-orientale della Turchia, area che ospita il tempio più antico del mondo (datato a 12.000 anni fa), si è scoperta la presenza di raffigurazioni di gatti, simboli purtroppo poco leggibili dato lo stato friabile della roccia a causa dell’erosione.
Tra il 7000 e il 7500 a.c risale invece lo scheletro di un uomo e quello di un gatto, rinvenuto negli scavi ciprioti del villaggio protostorico di Shillourokambos. Si pensa che potesse esistere già un forte legame tra il felino e l’essere umano, tanto che si pensa che l’animale assumesse un ruolo rilevante nei rituali legati alla sepoltura.
E’ solamente con l’avvento della civiltà egizia che la figura del gatto diventa punto centrale della religione e della cultura nata sulle sponde del Nilo. Il gatto diventa animale sacro e come tale viene venerato. La dea egizia Bastet, rappresentata col corpo di una giovane donna dalla testa di gatto, era simbolo di gioia, amore, femminilità e fertilità, proteggeva la casa, la famiglia, il parto e i bambini.
Antonio Ligabue – Gatto con topo
In primo piano, nascosto, o relegato sullo sfondo, nell’ultimo millennio la figura del gatto nel mondo iconografico ha avuto occasione di trovare spazio in molti dipinti di artisti.
Tra le opere più celebri come non menzionare il “Dal Ritratto dei Coniugi Arnolfini” (1434) di van Eyck, o il dipinto manierista intitolato “La cena di Emmaus” di Jacopo Pontormo (1525), o ancora “Le chat blanc” (1894) di Pierre Bonard.
Iconico anche il “Gatto col topo” di Ligabue, così come “Landscape with a Girl Skipping Rope (Paesaggio con fanciulla che salta la corda)”, celebre dipinto di Dalì del 1936, in cui si nota una netta formazione rocciosa a forma di felino.
Tra il misterioso, l’inquietante e lo psichedelico invece l’olio su tela intitolato “Gatto e uccello” opera di Paul Klee, realizzata nel 1928,
Così come funesto appare il gatto nero guardingo appollaiato sulla spalla di Frida Kahlo nel celebre “Autoritratto con collana di spine” (1940).
Per venire ai giorni nostri, la figura del gatto così come quella del cane, sembra aver perso quella allure domestica a fronte di un ruolo da maggiore protagonista nella scena.
Molti ad esempio sono gli artisti che si sono spinti a ritrarre animali ricalcanti comportamenti umani. Tra i casi più bizzarri come non citare l’opera intitolata “Poker Game” di Cassius Marcellus Coolidge, del XIX secolo. In realtà si tratta di una raccolta di 18 dipinti diversi, messi insieme per creare un’unica grande immagine.
Non ci stupirebbe dunque, soprattutto in era NFT, vedere opere d’arte digitali con protagonisti clan di gattacci intenti a giocare alle slot a soldi veri o a condividere avventure con topolini, loro acerrimi nemici per antonomasia.
Su questa scia si innestano ad esempio le illustrazioni sarcastiche di Paweł Kuczyński, lavori che con ironia e spirito critico dissacrano i vizi della società contemporanea, molto spesso ritraendo gatti e altri animali. Tra le opere più iconiche citiamo “Swing Cat” e “Fat mouse”.
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