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Art Vibes – Let's share beauty | November 17, 2024

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Gonzalo Borondo - Cenere

Gonzalo Borondo – Cenere

| On 31, Mag 2017

Una sfida solenne tesa ad infrangere le barriere del tempo e dell’assenza.

di Redazione Art Vibes


Picture: Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory


“Cenere” è la compresenza di due concetti agli antipodi, è come accendere una candela in un cimitero e scegliere di posarla in una nicchia vuota che attende il divenire. L’inizio la fine è l’inizio la fine è l’inizio la fine è…

Con queste parole l’artista spagnolo Gonzalo Borondo racconta il suo lavoro CENERE, realizzato all’interno della cappella funebre del cimitero di Selci (RI) per la residenza d’arte PUBBLICA, che è stato presentato al pubblico il 27 maggio 2017 e che sarà visitabile dai prossimi giorni solo su appuntamento contattando i curatori del progetto. L’esperienza offerta ai presenti nasce dall’esigenza dell’artista di accompagnare ogni spettatore in un più intimo momento di condivisione trasformando l’intima cappella in una misteriosa meta di pellegrinaggio dell’arte. Ignari della destinazione e della natura del viaggio tutti gli spettatori sono stati invitati a salire su di un pullman allestito dall’artista che nella notte ha trasportato tutti verso la sconosciuta località. L’esperienza si è poi conclusa con l’arrivo al piccolo cimitero di Selci dove le persone sono state lasciate libere raggiungere la cappella attraversando l’antico cimitero, accompagnati dai silenzi rotti dal suono del volo di un rapace notturno.

 

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Blind Eye Factory
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory

Un intervento complicato che alle 8 grandi pitture, nate per descrivere le diverse vie dell’uomo, si sommano altrettante suggestioni fornite dalle 8 lastre di vetro sulle quali padroneggia il simbolo primo della caducità della vita, la candela, e che proteggono e completano quegli spazi pittorici più preziosi. Sul muro circolare che delimita la cappella primeggia una disciplinata scala di gradienti, che dal bianco pavimento monolitico salgono fino a collegarsi ai grigi scuri di un pittorico cielo rinascimentale per poi chiudersi in una sofisticata area centrale realizzata in foglia di oro puro.

Discipline diverse hanno trovato dialogo grazie poi alla luce che l’artista ha immaginato come necessaria combinazione tra i freddi della pittura ed i carnali caldi dei fasci luminosi che circondano il profilo della grande croce centrale e dalla porta disegnata appositamente in vetro e ferro battuto dalla quale entra la luce naturale. Il lavoro si è infine definito grazie ad un manufatto di argilla che in alto circonda la cappella ricordando a coloro che vivranno quel luogo come “La fine l’inizio è

Durante l’inaugurazione è stato presentato l’object d’art che contiene la memoria testuale, visiva e materica del progetto; una scatola in ferro battuto, realizzata dalle stesse mani che hanno eretto la porta della cappella, dove custodire le suggestioni, le immagini e i materiali che articolano la complessità della cappella.

 

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Blind Eye Factory
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Blind Eye Factory
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory

Come afferma Carlo Vignapiano, curatore del progetto insieme ad Elena Nicolini: “Sospeso tra silenzio e rumore in quell’armonico accordo di pezzi di vita, Borondo trasforma un luogo già pregno di sacralità in diverso e mirabile spazio di contemplazione nel quale comprendere i profondi rapporti che legano gli uomini al loro destino. La cappella funebre del piccolo cimitero di Selci diventa allora ambiente perfetto, tempio dell’anima che Borondo assolve con otto grandi pitture che vivono all’interno del cerchio, doppiate da innate trasparenze di vetro sul quale appaiono simboli di una memoria caducevole; poi dall’alto, l’oro, puro, dal centro si apre in un tumulto di cielo fatto di grassa pittura che sembra rovinare sulle teste dei presenti spingendoli verso un soave mantra di viva ceramica che mormora nell’ombra “la fine è l’inizio”.”

“Una prova di coraggio dove lo studio di distanze e tensioni, che dai limiti cementizi della struttura circolare trascinano verso il centro della cappella, lasciano ad ognuno potere e libertà di conversare con la luce; calda ed impalpabile, racchiusa in un segno preciso e potente della croce.
Un’ambiente che vive attraverso la pienezza del giorno ma che del tutto si svela nel vuoto notturno, dove i neri ed i bianchi, unici protagonisti, si toccano ed uniscono in toni caldi e pungenti. In simbiosi vivono le sue pitture dove la natura si scopre pretesto di incontri tra gli uomini, come fiumi che convergono in altri corsi di acqua. Vie legate alla terra, dove ciò che esiste fuori ritorna all’interno di corridoi dove i morti riposano. E ancora percorsi di natura non cruda ma forte di vita si manifesta in pennellate astratte che figurano bene; fino a toccare architetture dell’uomo; fatte di volte e palazzi scavati; ognuno una strada ma tutte in unica via.”

“Qui l’arte diventa sfida solenne, tesa a infrangere barriere del tempo che ci separa dai morti; che sono Cenere.”

 

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Blind Eye Factory
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory

Riportiamo per la profonda carica emotiva le parole dell’artista Gonzalo Borondo:

“L’assenza mi ha accompagnato fin da bambino, dalla nascita. Presto ho conosciuto la morte, gli interrogativi che il suo mistero genera, la paura di dimenticare ed essere dimenticato. Non a caso in quegli anni ho cominciato a dipingere in maniera compulsiva, spinto da una necessità profonda, istintiva. Ho iniziato a conservare la vita attraverso la creazione, a dare forma a quell’assenza indicibile e a dialogarvi. In alcuni momenti a quegli interrogativi sentivo di rispondere con la parola “fine”, vedevo la vita come un percorso, una linea che a un certo punto si interrompe brusca. Nel tempo, mio amico e avversario, quella linea si è fatta cerchio.

Quando Elena Nicolini e Carlo Vignapiano mi hanno proposto di intervenire nella cappella di un cimitero ho subito accettato, mosso dalla volontà di confrontarmi con uno spazio così carico di significati, a me così vicini e al contempo universali. Mi sarei trovato ad agire nel luogo dove l’assenza “si deposita” e lascia spazio alla memoria.

Da sempre sono stato attratto dai cimiteri, so che può sembrare strano ma in me suscitano un senso di quiete. Nel silenzio delle loro mura cerco di ritrovarmi e di comprendere ciò che è intorno a me. Un cimitero è denso di informazioni che dicono moltissimo sulla cultura di un luogo. Al contrario di quanto avviene nelle grandi città, nei piccoli paesi come Selci i cimiteri vengono vissuti quotidianamente dalla comunità, lì la morte non è qualcosa da allontanare, da cui fuggire per continuare con la propria vita frenetica, ma è parte integrante di quella vita.

 

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Blind Eye Factory
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory

Nella cappella di Selci si celebrano le messe funebri con rito cattolico, personalmente non credo che il miracolo dell’esistenza possa essere racchiuso in un Dio, costruito e controllato da un’Istituzione umana. Le mie idee non hanno però interferito con la volontà di partecipare al progetto e di rispettare i simboli che occupavano lo spazio sacro prima del mio intervento. Cenere non ha a che fare con la religione ma con l’uomo, con i suoi limiti e la voglia ancestrale di comprenderli.

Una volta cominciato ad operare sono sorte delle difficoltà. Provavo soluzioni per poi cancellarle. Era per me compito molto delicato “presenziare” con l’arte in un momento di passaggio così intimo per le persone. Ogni giorno di più comprendevo la responsabilità che mi ero preso, cercavo il modo “giusto” di adempierla. Ci sono voluti quasi due anni per ultimare il mio intervento, cercavo di trovare un equilibrio tra il mio lavoro e il rispetto del sentire altrui, per me prioritario. Due anni nei quali ho stabilito un dialogo fitto con quel luogo per arrivare a comprendere che questa volta le mie pennellate dovevano esprimere silenzio. L’opera stessa non è stata concepita per essere contemplata ma per completare quel silenzio e omaggiarlo. Siamo flusso, comprendevo. Al flusso non è dato interrompersi. Siamo fiumi: nasciamo e scendiamo forti, incontriamo altri fiumi che come noi scorrono inesorabili. Influenziamo vicendevolmente il nostro scorrere, ne condizioniamo le sorti e l’essenza. Ci disperdiamo, ci ritroviamo (non sempre) ma tutti alla fine ci fondiamo nell’immensità scura del mare a cui tutti apparteniamo, da cui tutto ha origine: siamo uno.

Cenere è la compresenza di due concetti agli antipodi, è come accendere una candela in un cimitero e scegliere di posarla in una nicchia vuota che attende il divenire.
L’inizio la fine è l’inizio la fine è l’inizio la fine è…”

 

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Matteo Giannini
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Matteo Giannini

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Blind Eye Factory
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Blind Eye Factory
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Matteo Giannini
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Matteo Giannini

Gonzalo Borondo - Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: Blind Eye Factory
Gonzalo Borondo – Cenere, Cimitero di Selci. photo credit: ©Blind Eye Factory

– via: Art Vibes submission – photo credits: ©Blind Eye Factory – ©Matteo Giannini, courtesy of: PUBBLICA


Exhibition info: Gonzalo Borondo – Cenere

When: visitabile solo su appuntamento contattando i curatori del progetto, Carlo Vignapiano ed Elena Nicolini.
Where: Cimitero di Selci (Rieti).


Further reading:

– website: gonzaloborondo.com


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