Gehard Demetz - Finito e non-finito
Redazione Art-Vibes | On 22, Giu 2016
Lo scultore altoatesino e il concetto di vuoto.
di Redazione Art Vibes
Picture: Gehard Demetz – How you reacted was right, 170 x 56 x 32,5cm
Gehard Demetz nasce a Bolzano nel 1972 e vive e lavora a Selva di Val Gardena. Nel giro di pochissimi anni la sua fama ha raggiunto livelli internazionali, grazie alla sua incredibile maestria come intagliatore di legno.
Osservando i suoi lavori si nota subito uno degli elementi sostanziali della sua opera: il vuoto. La scultura è lavorata mantenendo degli spazi, che creano un effetto visivo nuovo, un piccolo disturbo nella lettura dell’insieme. Le sue opere esasperano il rapporto tra finito e non-finito, tra materia raffinata e materia abbozzata. Le figure sebbene sembrino complete sono in qualche modo “disturbate” da quello che sembra essere un assemblaggio imperfetto. Inoltre vi è un netto contrasto tra la visione frontale della sagoma definita e levigata rispetto alla parte posteriore grezza e spesso svuotata, quasi a voler evidenziare il senso di non finito, un vuoto che resta lì aspettando di essere colmato. Questa tecnica caratterizza il suo operato ed è diventata un segno distintivo dell’artista.
L’autore altoatesino sceglie come soggetti prevalentemente bambini e riesce a fermare nel legno le paure, i bisogni, gli entusiasmi che accompagnano l’infanzia e il passaggio all’età adulta. Tuttavia il tema dell’infanzia è solo uno dei molteplici aspetti della ricerca artistica dello scultore.
Così come sottolinea il critico Marco Meneguzzo: “Demetz non è uno psicologo infantile, è uno scultore. I suoi bambini non sono bambini, sono sculture di bambini. Perché allora la tentazione di parlare solo dell’infanzia è così forte, così prevalente sul resto?
Perché il soggetto unico scelto dal artista è così simbolicamente potente e così retoricamente gravido che tende a far dimenticare l’artificio che lo mette in scena, così come una storia naturalmente commovente fa passare in secondo piano i modi e i termini in cui viene narrata. L’infanzia (non l’adolescenza, si badi), in fondo, è un tabù di cui non si può parlare se non in termini retorici: è per questo che è un’età estranea, indicibile, ineffabile“.
L’ampio universo espressivo di Gehard è carico di mille riflessi specchianti molteplici aspetti di una sublime forza creativa unica nel suo genere.
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