Stili diversi protagonisti di una bi-personale al museo della città di Rimini.
di Redazione Art Vibes
Domenica 13 marzo avrà luogo il finissage della mostra “Un peso cubitale“, bi-personale di Francesco Bocchini e Giacomo Cossio. L’evento di chiusura, con una introduzione critica di Massimo Pulini, artista, storico dell’arte e Assessore alla Cultura del Comune di Rimini, e di Roberta Bertozzi, critica e coordinatrice di Calligraphie, piattaforma per le arti e le letterature contemporanee.
La mostra, che ha aperto i battenti lo scorso gennaio, è intesa a svelare le affinità presenti nella ricerca dei due artisti, pur nella chiara differenza di procedure e stile. Nelle sale dell’Ala Nuova del Museo della Città di Rimini sono esposte opere di grande e di piccolo formato, carte e installazioni, che dimostrano, in una continuità di dialogo, come al centro della loro opera stia il medesimo assillo circa la possibilità di rappresentare la realtà secondo un impatto diretto e sostanziale, scansando qualsiasi deriva estetizzante.
Il “peso cubitale” citato nel titolo rimarca proprio la tensione agonistica, muscolare di questo contatto, nel momento in cui la lettura degli artisti non si limita alla superficie delle cose, alla pura sensibilità del dato, ma cerca di scovarne ragioni, dinamiche, origine.
Scrive a tale proposito Roberta Bertozzi, nel testo critico del catalogo della mostra: “L’approccio intensivo con la realtà si verifica nell’opera di Francesco Bocchini attraverso un sistematico rovesciamento dei diktat storici e sociali. L’artista scalfisce la sintassi di ciò che è “assolutamente reale” mettendone in scena il paradosso, la fondamentale schizofrenia. Sia le teche che le sue installazioni meccaniche non fanno altro che suggerire una farsa dell’efficienza strumentale e operativa che costituisce l’orizzonte ideologico dell’epoca moderna.
Protesi metalliche, congegni macchinici, vetrine in cui sono esposte le reliquie del presente: alla stregua di elongazioni del sistema queste opere si tengono tuttavia lontane dal farne una deformazione caricaturale, così come dalla tentazione di edificare una retorica a esso alternativa. Piuttosto si collocano docilmente ai suoi lati, implementandone per via parassitaria la già eccessiva produzione – terminando per diventarne l’appendice delirante, la scoria tossica.
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