Daniel Muñoz (SAN) - Vexillum Transparent
Redazione Art-Vibes | On 16, Gen 2018
Una riflessione artistica sull’uomo che si muove, sul significato e sulle conseguenze che il suo spostarsi nello spazio ha sulla società.
di Redazione Art Vibes
Picture: Daniel Muñoz – Souvenir2, Gouache on paper, 42x30cm, 2017
Il 20 gennaio la Galleria Varsi presenta “Vexillum Transparent”, mostra personale di Daniel Muñoz – SAN, artista spagnolo impegnato nella realizzazione di progetti di Arte Pubblica pittorici, installativi e partecipativi. Le sue opere rappresentano un ponte tra il sé e il mondo, un passaggio di scambio libero e aperto che crea una connessione intellettuale attraverso una rottura con l’immaginario visivo quotidiano. L’estetica di Muñoz trova nel disegno, tecnica intima e spontanea, il suo linguaggio primo, elevandone l’aspetto di studio e applicandolo alla critica della realtà.
Oggetto della mostra è la riflessione dell’artista sull’uomo che si muove, sul significato e sulle conseguenze che il suo spostarsi nello spazio ha sulla società, su di noi e sulle necessità che ci spingono a superare i nostri confini. La mostra indaga sul concetto di turismo generando una catena di interrogativi. ll turismo è invasione o sviluppo? Quali conseguenze ha l’esperienza turistica sul sistema mondiale? I luoghi sono ancora in grado di produrre significati? E noi quali significati possiamo attivare nell’incontro con l’altro e con l’altrove?
Daniel Muñoz – Footing, Gouache on paper, 210×107 cm, 2017
«Ho cominciato a considerare il mio interesse per il turismo da una prospettiva diversa a causa delle proteste anti-turismo che si sono svolte in Spagna la scorsa estate, principalmente a Barcellona. Sono stato fortemente attratto dagli aspetti visivi o estetici di questa situazione. I manifestanti erano principalmente gruppi di giovani che per vari motivi volevano difendere l’“integrità” della loro città o provincia, o del loro paese».
L’artista presenta al pubblico una serie di pitture, disegni, serigrafie inedite e un’installazione site specific dove gli strumenti della lotta militare si mescolano all’iconografia dell’Arte Classica e a oggetti ordinari, in una saturazione di simboli. Muñoz immagina così una manifestazione di turisti i quali sembrano ribellarsi alla natura della loro condizione paradossale.
«Ho trovato interessante utilizzare il concetto di elemento unificante e identificativo rappresentato dal vessillo, ma l’ho svuotato completamente, rendendolo trasparente e silenzioso attraverso un eccesso un eccesso di immagini: la saturazione può portare alla confusione, al vuoto generando silenzio». Il Vexillum da latino vessillo, simbolo identitario per eccellenza, si fa spoglio di segni e colori per raccontare il tessuto sociale odierno e la trama di contraddizioni entro le quali il turista si deve districare e che fanno di lui una figura complessa e ambigua, dai tratti ironici.
Intervista a Daniel Muñoz a cura di Chiara Pietropaoli
1. Fin dall’inizio del tuo percorso artistico hai scelto di esprimerti nello spazio di tutti, hai scelto di condividere i tuoi pensieri con “tutti”, dipingendo le tue idee sui muri pubblici. Perché questa scelta? Com’è cambiato da allora il tuo rapporto con la strada?
In realtà, quando ho iniziato a dipingere non ho fatto nessuna scelta specifica. Come per tutti quelli che facevano graffiti, la strada era un parco giochi perfetto, la logica estensione delle avventure dei bambini in cui prima esploravi il tuo quartiere, poi quello oltre, e così via… In quel periodo nulla aveva a che fare con l’arte, molto meno con il lavoro.
Per me è interessante vedere come il mio lavoro e il mio modo di giocare si siano evoluti e si siano fusi in questi venticinque anni. Nel 1993 scrivevo il mio nome per le strade, senza pensare che nel 2018 il concetto base di “Street” sarebbe stato il nucleo della maggior parte delle cose che mi riguardavano, non solo come artista, ma anche come spettatore. È quindi paradossale come, in modo del tutto naturale, i giochi di un bambino di dodici anni si siano incrociati con le idee e le responsabilità artistico-professionali di un trentasettenne: nulla è sostanzialmente cambiato e non ci sono stati grandi lacune o punti di svolta.
2. Osservando i tuoi lavori, nel processo di costruzione dell’opera sembra tu tenga sempre bene a mente il destinatario. Che tipo di relazione instaurano i tuoi lavori con lo spettatore? Quale impatto ti aspetti che le tue opere abbiano su un dato territorio e sugli abitanti?
Gli spettatori sono davvero importanti se sei cresciuto dipingendo per strada. Penso che il mio principale interesse sia sconcertarli. Puoi catturare l’attenzione della gente solo se la allontani dalle cose che vede nella vita di ogni giorno, anche se gli oggetti quotidiani sono sempre presenti nel mio lavoro. Cerco, almeno per un momento, di generare disagio in chi incontra le mie opere. Il mio obiettivo non è quello di disturbare o stupire gli spettatori, né di far loro contemplare qualcosa, quanto piuttosto di stabilire una dualità nelle loro menti, di metterli davanti a bivi diversi da quelli che incontrano nella loro quotidianità.
Credo profondamente che l’arte sia un luogo per continuare a porre domande. Oserei dire che un’opera d’arte non dovrebbe generare risposte o domande, ma piuttosto continuare a proporre una serie di opzioni.
Daniel Muñoz – Barricada1, Gouache on paper, 76x112cm, 2017
Daniel Muñoz – Barricada2, Gouache on paper, 76x112cm, 2017
3. Il concetto di effimero è fortemente presente nella tua poetica. Mi racconti meglio cosa rappresenta per te?
La fugacità è inerente a tutti gli aspetti della nostra vita. La storia è piena di fatti fugaci che continuano a echeggiare nella nostra vita, specialmente ora che viviamo nell’era dell’iper-comunicazione, dove nulla dura e i ricordi non hanno valore. È dunque una realtà di base che deve essere presa in considerazione in un campo ricco come quello artistico. Il concetto di “temporalità” è presente in quasi tutto ciò che faccio, sebbene io basi il mio linguaggio e i miei simboli su ciò che è fisico o materiale. Cerco quasi sempre di generare una dualità nelle cose effimere e deperibili.
Inoltre, nel mio lavoro sento l’importanza della strada e dei suoi muri pesanti e solenni.
L’anno scorso ho realizzato un murale a Cáceres (Spagna) dal titolo “Vorrei sottolineare” che si riferiva proprio a questi due poli opposti: la solidità e la durabilità di un edificio rispetto alla fragilità delle carte che vi ho dipinto. Ho realizzato una serie di annunci “low cost” (i poster che esistono in ogni città su cui le persone offrono lavoro, cercano casa o mettono annunci del tipo “Ho perso il mio gatto …”). Queste pubblicità sono una delle cose più effimere e vivaci delle nostre città: si deteriorano e rinascono quotidianamente, in modo caotico e incontrollato, venendo sovrapposti uno sull’altro, perdendo la loro funzione, ma anche trasformando il nostro paesaggio e la nostra realtà.
4. A proposito di effimero, proprio l’estate scorsa il tuo intervento artistico sulle superfici dell’Ex Carcere Femminile di Perugia è stato cancellato. L’intonaco del palazzo doveva essere ripristinato, si è trattato di un’operazione tecnica. I cittadini si sono indignati, lamentando che l’opera sarebbe dovuta essere in qualche modo “salvata” dalle istituzioni. Cosa hai pensato rispetto all’accaduto? Più in generale come ti poni rispetto al dibattito sulla conservazione dei dipinti murali?
Ho visto questa notizia sul web, qualcuno me l’ha spedita … sono abituato a queste sparizioni … anzi, sono contrario al restauro dei murales. Tutti i lavori che vengono fatti per strada dovrebbero avere gli stessi valori della Street Art … Se creiamo pensando che sono effimeri e l’opposto dei monumenti pubblici, allora non creeremo monumenti che servono solo come sfondo per chi si fa dei selfie. È comunque inevitabile che ciò accada, ma penso che dovremmo essere consapevoli di questa possibilità e introdurla nell’opera stessa.
È un argomento complesso, ma molto interessante. Un altro esempio è un progetto che ho sviluppato l’anno scorso a Belvés (Francia). Ho installato nove disegni attaccandoli a nove repliche di cartelloni pubblicitari in diversi luoghi della città, ognuno collegato in modo diverso al proprio contesto: alcuni distorcevano la percezione del paesaggio, altri compensavano gli errori architettonici, altri annullavano l’ambiente … Dopo sette mesi, il sole e la pioggia hanno ossidato il metallo, cosa che ha letteralmente divorato la carta e le immagini.
E qui torniamo alla caducità delle immagini: le idee svaniscono, rimangono solo i corpi.
Daniel Muñoz – The curtain (983 followers), The Highlands (Scotland), 2015
5. Hai fatto del disegno la tua tecnica principale, immagino si tratti di una scelta che ha a che fare con delle necessità. Quali possibilità racchiude per te questo linguaggio?
Il disegno mi ha attratto fin dall’infanzia … Dopo tanti anni in cui ho disegnato quasi ogni giorno, ho capito perché sia così importante nella vita: è un potente strumento di comunicazione, che aiuta a esprimerci ma anche a spiegare le cose, come quando disegniamo una mappa per trovare una via, o per riorganizzare i mobili in salotto. Penso che il disegno debba essere insegnato a scuola e che la società ne possa trarre beneficio. Da bambini abbiamo tutti bisogno di disegnare, è uno strumento per capire il mondo e immaginare ideali, utopie, ecc. Perché smettiamo di disegnare quando cresciamo?
Il disegno è anche la lingua di base di qualsiasi lavoro artistico; che si tratti di un musicista o un regista, a un certo punto nel processo creativo ogni artista si ritrova a disegnare. Capisci ora la mia passione per il disegno e cosa ne penso?
6. Al contrario, nella tua mostra personale presso la Galleria Varsi protagonista sarà la pittura. Cosa rappresenta questa esposizione nel tuo percorso artistico?
Dall’anno scorso ho iniziato a dipingere di più, forse perché negli ultimi murales ho dovuto dipingere, piuttosto che disegnare, perché avevo poco tempo. Penso anche che quest’anno la mia mano sembri preferire la pittura, ma anche così i miei sono dipinti molto “disegnati”. Devo dire che in molti dei miei lavori il disegno e la pittura sono andati di pari passo; ho disegnato con una tecnica “proiettiva” e dipinto qualcosa di più vicino alle immagini “convenzionali”.
La mostra alla Galleria Varsi coinvolge un approccio più profondo a un argomento al quale ho indirettamente lavorato per anni: il turismo. Questa è anche una metafora critica per me, legata alle mie esperienze di viaggio e di pittura in tutto il mondo; una specie di turismo culturale, fatto non per visitare monumenti locali, ma per installarli. Va detto ch murales che realizziamo sono invasioni di spazi che appartengono ad altre persone, con culture e realtà diverse dalle mie.
Daniel Muñoz – Souvenir1, Gouache on paper, 42x30cm, 2017
7. “Questionare” è l’intento dei tuoi progetti. Con questa mostra scegli di affrontare una tematica inedita da un punto di vista dell’analisi sociologica ma al contempo quotidiana: il turismo. La scelta di indagare questa pratica è nata in parte dal tuo contatto con le manifestazioni avvenute mesi fa in Spagna contro i turisti. Quali delle dinamiche di questi eventi ti hanno colpito e più in generale cosa ti ha spinto ad approfondire questo argomento? Quali domande vuoi condividere con lo spettatore?
Come ho detto prima, il mio interesse per il turismo non è recente, ma ho cominciato a riconsiderarlo da una prospettiva diversa a causa delle proteste anti-turismo che si sono svolte in Spagna la scorsa estate, principalmente a Barcellona. Sono stato fortemente attratto dagli aspetti visivi o estetici di questa situazione.
I manifestanti erano principalmente gruppi di giovani che per vari motivi volevano difendere l’“integrità” della loro città o provincia, o del loro paese … Ecco il nocciolo della questione: possiamo difendere le identità nazionali o locali di fronte al deterioramento che comportano le visite turistiche? Possiamo continuare ad amare i vecchi valori come un tesoro innato da vivere solo tra noi, o dovremmo condividerli con persone provenienti dalla Cina o dalla Norvegia? In che modo può avvenire questa condivisione? In quanto esseri umani? Oppure come lo sfruttamento commerciale di un patrimonio? Fino a che punto il capitalismo può gonfiare i nostri valori culturali? Roma sarebbe la stessa città senza le migliaia di turisti che vengono a visitare le sue rovine e i suoi tesori storici?
Non so come un australiano possa capire la grandezza delle Terme di Caracalla … su Skype? Forse dovremmo mandargli delle foto per e-mail in modo che la sua visita non causi danni collaterali alla città … In questo periodo è stato aperto un dibattito su molte idee e non possiamo discuterle tutte, ma il fatto che siano nell’aria mi interessa, soprattutto se non sono del tutto logiche; qualcosa di simile a quello che Jean-Paul Sartre chiamava “l’orizzonte insormontabile del nostro tempo”.
Daniel Muñoz – Souvenir7, Gouache on paper, 42x30cm, 2017
8. “Vexillum Transparent”, dal latino “Bandiera trasparente”, che cosa suggerisce questo titolo?
Ho scelto questo titolo per diversi motivi; sembrava opportuno parlare di globalizzazione, poiché il “vessillo” era una bandiera o uno stendardo delle legioni imperiali romane; ogni legione aveva il suo, e serviva per identificare la legione stessa e anche per radunare gli uomini in battaglia. Ho trovato interessante utilizzare questo concetto di elemento unificante e identificativo, ma l’ho svuotato completamente, rendendolo trasparente e silenzioso. Ho anche cercato di creare questo vuoto producendo un eccesso di immagini: la saturazione può portare al vuoto, o l’urlo infinito può generare silenzio.
Penso che il silenzio sia una buona metafora del nostro tempo; i confini e le identità sono diluiti nonostante le contraddizioni che esistono a breve termine. Ritengo anche interessante il fatto che “vexillum” sia il diminutivo di “vellum” (vela), cosa che crea un collegamento al tema del viaggio: le vele che, guidate dal vento, spingono le navi. Mi sono molto piaciuti questi due significati della parola: un oggetto che a quanto pare può avere nel contempo echi militari e anche di viaggio. Una bandiera trasparente non ha senso, è come tenere il simbolo del nulla, ma poi guardandola si può vedere cosa c’è dietro.
Daniel Muñoz – GLITTER. Acrylic on wall, 11X5m. Pozuelo de Zarzón (Spain), 2017
9. In molte delle tue opere convivono concetti agli antipodi, anche nelle ultime realizzate per “Vexillum Transparent”. Quali opposti convivranno nella Galleria Varsi?
Gli opposti principali sono legati all’identità e alla globalizzazione. Il tema del turismo è una scusa per indagare su che tipo di immagini si creano le nostre posizioni su quanto è “locale” o “globale”. È come il nostro rapporto con le immagini sacre che veneriamo: se le guardiamo troppo da vicino, perdono il loro magnetismo, eppure il culto di queste figure banali è autentico.
Mi interessa stabilire una scala di valori che potrebbe essere fonte di confusione, ma che serve da punto di partenza per riflettere sulle esperienze vissute quando viaggiamo. Che ne siamo consapevoli o no, il turismo è il più grande flusso umano dei nostri tempi, che va ben oltre la migrazione. In passato, esodi di massa, colonialismo e migrazione del lavoro hanno plasmato i paesi che conosciamo oggi. Il caso più ovvio è gli Stati Uniti: un paese fondato e creato da immigranti di tutto il mondo con una forma di patriottismo tra le più radicali di oggi. Pur preferendo che gli spettatori osservino attentamente le mie opere e ne traggano le loro conclusioni, ecco comunque alcuni dei concetti in opposizione rappresentati nella mostra:
LOCALE / GLOBALE
ESSENZA / DISSOLUZIONE
EDONISMO / RESPONSABILITÀ
CASA AFFITTATA / CASA ACQUISTATA
SORPRESA / ASSIMILAZIONE
AVVENTURA / NOIA
PUREZZA / CONTAMINAZIONE
SOLIDITÀ / PROFITTO
PRESENZA / ASSENZA
ILLUMINAZIONE DURANTE IL VIAGGIO / OMBRA DEL VIAGGIATORE
VUOTO VITALE / SATURAZIONE ICONICA
MIMETIZZAZIONE / DIFFERENZIAZIONE
10. Se con la globalizzazione i luoghi stanno lasciando sempre più spazio ai non luoghi, che esperienza dell’altrove può fare l’individuo oggi? Come immagini il turista del futuro?
Penso che il concetto di “non-luoghi” definisca bene molte alcuni concetti trattati nella mostra, che indubbiamente definiscono il nostro tempo e che continueranno a farlo in futuro. È evidente che Internet sia stato il cambiamento più radicale che abbiamo vissuto dalla caduta del muro di Berlino (curiosamente Internet è nato nel 1989). Il web definisce la nostra era e ne parlo perché è il perfetto “non-luogo”.
Potrebbe essere qualcosa come la matrice da cui derivano tutte le altre cose: confini, lingua, informazioni … Allora penso che il turismo di oggi sia come viaggiare su Internet; tutto dipende dal fatto se ci si vuole fermare e imparare qualcosa lungo la strada, o semplicemente avere esperienze esotiche di tipo fast food. Possiamo visitare le rovine di Pompei e sentire il magnetismo nostalgico di una storia tragica, ma anche interessarci all’urbanistica, all’agricoltura, al potere, alla schiavitù, alla mitologia o alle funzioni della pittura. I dati ci sono; bisogna solo voler capire le motivazioni alla base di alcuni avvenimenti per costruirne di nuovi e migliorare quelli che già abbiamo.
Daniel Muñoz – Avilés, 2017
– via: Art Vibes submission – photo courtesy of: Galleria Varsi
Exhibition info: Daniel Muñoz (SAN) – Vexillum Transparent, a cura di Chiara Pietropaoli
– When: 20 gennaio – 25 febbraio 2017. Opening: 20 gennaio dalle ore 18.30 alle 21.
– Where: Galleria Varsi, via di Grotta Pinta 38, Roma.
– website: eseaene.com
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