"A Broken House” - La guerra, l’orrore, la nostalgia, l’arte come terapia. Il documentario sulla vita di Mohamad Hafez
Redazione Art-Vibes | On 19, Set 2023
“Volevo costruire la Damasco dei miei ricordi”: il pluripremiato documentario firmato Jimmy Goldblum, una finestra aperta sulla vita e sulla pratica artistica dell’architetto Mohamad Hafez.
di Redazione Art Vibes
Era l’inizio del 2003 quando Mohamad Hafez arrivò negli Stati Uniti come studente internazionale per conseguire una laurea in architettura. Dopo l’11 settembre, essere uno studente siriano, arabo e musulmano di nome Mohamad comportava che il suo visto studentesco veniva rilasciato per un ingresso singolo solo dopo essere stato sottoposto a rigorosi controlli che interessavano i 18 mesi precedenti.
Tali restrizioni legate viaggio gli negarono la possibilità di visitare la sua terra natale, la Siria, senza correre il rischio elevato di non essere riammesso negli Stati Uniti. Di conseguenza, Hafez non tornò a casa per otto anni e cominciò a sentire una forte nostalgia di casa.
Ad un certo punto si è chiesto: “Se non puoi tornare a casa, perché non torni a casa?” Ciò ha dato origine a quello che oggi è un pilastro della sua pratica, che prevede la costruzione di miniature architettoniche della sua città natale utilizzando oggetti trovati. “Volevo costruire la Damasco dei miei ricordi“, dice.
La nostalgia di casa e il senso di impotenza hanno portato Hafez a ideare un modo alternativo per connettersi da lontano con la sua terra natale. Sfruttando le sue abilità nella costruzione, apprese come studente di architettura, Hafez iniziò a ricostruire i paesaggi stradali siriani attraverso modelli architettonici in miniatura realizzati con oggetti trovati e materiali di scarto raccolti nel suo studio. I suoi primi lavori raffiguravano la Siria prebellica.
Emergeva tutta la passione per la cultura e la società multistrato della vecchia Damasco, un luogo dove Hafez trascorse gran parte della sua giovinezza.
A Broken House. video courtesy of: Jimmy Goldblum
La prima volta che Hafez è tornato a Damasco è stato nel 2011, subito dopo l’inizio della “primavera araba”, ma prima che scoppiasse la guerra civile in tutta la sua patria. Hafez ha sperimentato il suo amore e il desiderio per il suo paese d’origine e, inconsciamente, ha avuto la profonda sensazione che questo viaggio sarebbe potuto essere l’ultimo per molto tempo. Di conseguenza, e per nostalgia, Hafez ha iniziato a registrare la vita di tutti i giorni utilizzando il suo cellulare. Ha scattato fotografie, video e registrato suoni “normali quotidiani”.
Queste registrazioni includevano scene di caffè dove i suoi amici sedevano e giocavano a carte, o inviti alla preghiera ripresi dal cortile della Grande Moschea Omayyade; il cinguettio degli uccelli nel balcone dei suoi genitori, il suono dei bambini che giocano allegramente per le strade che si sovrappongono a una bellissima recitazione del Corano trasmessa dai minareti, una perfetta rappresentazione non orchestrata della vita in una vivace città.
La guerra civile siriana è scoppiata poco dopo il ritorno di Hafez negli Stati Uniti, lasciandolo molto scosso e emotivamente traumatizzato. L’orrore e la devastazione che hanno investito il suo paese hanno paralizzato la sua creatività e congelato la sua passione in un blocco di depressione e disperazione. Scioccato per essere diventato testimone di uno dei conflitti più sanguinosi della storia moderna, per i primi due anni di conflitto Hafez non è riuscito a realizzare alcuna opera.
A Broken House – Documentary (still video)
Come architetto, artista e essere umano sensibile, testimone dell’enorme prezzo pagato in vite, architettura e cultura, Hafez si è dedicato alla creazione artistica come catarsi dei suoi sentimenti interiori.
Il suo lavoro descrive lo status quo delle strade siriane, riflette la nuova estetica che ha pervaso quartieri, con macerie e schegge incastonate nelle facciate degli edifici. Hafez ha riscoperto le registrazioni operate e quasi dimenticate. Rendendosi conto di aver catturato un momento di pace che non esisteva più nel tessuto urbano siriano, ha incorporato queste voci nei suoi modelli di distruzione. Questo mix tra passato e presente porta lo spettatore in una lettura molto nostalgica ed emotiva dell’opera mentre sperimenta l’alto livello di dettaglio incorporato nella sua opera d’arte. L’opera permette infatti agli spettatori di immedesimarsi nell’esperienza degli attuali abitanti delle città siriane devastate dalla guerra.
Il corpus di opere si muove su una sottile linea cronologica, dalle prime rappresentazioni di sfarzose facciate damascene e quartieri incontaminati pieni di vita, musica e cultura, fino ad una cupa rappresentazione di una città distrutta e devastata.
Mohamad Hafez, Ahmed Badr – UNPACKED: Refugee Baggage
I lavori più recenti elaborano invece un significato più profondo: protagonista è la migrazione forzata, tendono a riflettere sul fatto che la stessa famiglia di Hafez è recentemente diventata rifugiata in Svezia. Il suo ultimo lavoro “Baggage Series” (che abbiamo già avuto modo di condividere) allude sia al bagaglio fisico che emotivo trasportato dai migranti.
Incastonato all’interno di valigie antiche che mostrano il duro prezzo che il viaggio impone agli immigrati fisicamente e psicologicamente, l’opera descrive ciò che i migranti potrebbero essersi lasciati alle spalle.
In alcuni casi, l’interno della teca ritrae un luogo confortevole, come un lussureggiante interno vittoriano, forse alludendo alle vite di successo che i rifugiati o i migranti potrebbero essersi lasciati alle spalle. Nel caso di Hafez, l’opera racconta l’esperienza diretta della sua famiglia con la migrazione forzata e l’abbandono delle loro belle case e delle vite confortevoli e consolidate.
Ora la storia incredibile di Hafez è diventata la trama di un toccante documentario, capace in poco tempo di racimolare consensi, premi e nomination ad importanti contest. Presentato su Vimeo Staff Pick una settimana fa, il lavoro è risultato vincitore del premio dell’International Documentary Association (IDA) per il miglior cortometraggio documentario.
Il progetto di Jimmy Goldblum per la serie di documentari del New Yorker, in sintesi è uno sguardo straziante sulla vita e sul lavoro dell’artista e sugli orribili impatti della guerra in Siria.
– images via: vimeo.com/862202839
– website: abroken.house
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