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Damien Hirst - “The Currency”. Il fuoco fatuo dell’arte

Damien Hirst – “The Currency”. Il fuoco fatuo dell’arte

| On 14, Ott 2022

La controversa e provocatoria performance dell’artista inglese che brucia le opere fisiche per sublimarle in versione NFT. Marketing o arte?

di Redazione Art Vibes


Picture: Damien Hirst – “The Currency“. image via: @HENI.


Le sue provocazioni artistiche le conosciamo ormai da tempo, eppure ogni qualvolta spunta una sua nuova trovata gli echi mediatici si sprecano.

Il soggetto in questione è Damien Hirst, probabilmente l’artista inglese più quotato, autore negli ultimi giorni di un intervento che continua a far discutere.

In bilico tra performance artistica e la pratica più aggressiva di advertising, Hirst ha recentemente bruciato centinaia di sue opere d’arte dopo averne venduto una serie di repliche in versione digitale.

Riavvolgiamo il nastro: nei mesi scorsi Hirst ha venduto online molti pezzi della sua ultima collezione, intitolata “The Currency”, chiedendo esplicitamente agli acquirenti di scegliere se possedere l’opera in versione fisica o in versione NFT. Chi avesse comprato la versione NFT era al corrente che il quadro fisico ad esso corrispondente sarebbe stato distrutto.

Pochi giorni fa Hirst ha pubblicato su Instagram un video che lo ritrae vestito con pantaloni metallici argentati tipici dei caldaisti, guanti ignifughi, l’outfit ideale per bruciare in un elegante caminetto a legna le prime 1000 opere. Si stima che le opere bruciate da qui fino al 30 ottobre possano raggiungere un valore complessivo di quasi 10 milioni di sterline.

 

The Currency” è un esperimento che a detta dell’artista sfida “il concetto di valore nell’arte dal momento che costringe chi acquista a ragionare sulle diverse caratteristiche delle opere“.
L’artista che da lungo tempo flirta con i concetti di proprietà e collezionismo ha consacrato con questo nuovo progetto il suo ingresso nel mondo degli NFT.

Inoltre nello specifico ha aggiunto: “Sto completando la trasformazione di queste opere d’arte fisiche in NFT masterizzando le versioni fisiche. Il valore dell’arte digitale o fisica che è difficile da definire nel migliore dei casi non andrà perso. Verrà trasferito all’ NFT non appena verranno bruciati”.

Premesso che un collezionista è pienamente libero di collezionare ciò che vuole, e dunque di spendere in questo caso 2000$ per un foglio bianco tempestato di cerchietti colorati, ciò che sfugge forse è che si cerca a tutti i costi di nobilitare il nulla attraverso performance di bassa levatura, sfruttando la trasversalità dei medium per ingigantirne la notizia.

Certo, la trovata di bruciare le copie fisiche corrispondenti alle versioni NFT è da considerarsi acuta in termini di marketing, soprattutto se la sublimazione in cenere delle opere fisiche ha spinto centinaia di visitatori ad accorrere presso gli spazi della Newport Street Gallery di Londra per assistere alla pratica, insieme alle migliaia di utenti già connessi in streaming via Instagram.

Tuttavia, a fronte di queste performance carnevalesche, forse occorre fare una riflessione su certi livelli raggiunti dall’arte contemporanea.

L’opera in sé e per sé sembra non bastare più, la concettualità che un tempo sostanziava il pezzo si annichilisce di fronte a costruite logiche di comunicazione tese ad elevare opere dal discutibile valore. Lo storytelling costruito ad hoc che attraversa trasversalmente medium differenti sembra avere più appeal della stessa artisticità dell’opera.

La forzatura della performance da caldaista per giustificare il passaggio tra arte e denaro e viceversa assume i contorni del grottesco, soprattutto se tutto si riduce a voler rendere il processo di acquisto più eccitante.

Tutto sembra invece scivolare verso bieche logiche consumistiche dove l’arte annega nella sua stessa mediocrità senza alcuna possibilità di risalita.

A questo punto forse è meglio rispolverare e tenersi stretto la cara vecchia “Fontana” di Duchamp” e attendere tempi migliori per la creatività.


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