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La Rua Catalana - Fonexénos

La Rua Catalana – Fonexénos

| On 30, Gen 2019

Un lavoro di contaminazione all’insegna del multiculturalismo.

di Redazione Art Vibes


Picture: La Rua Catalana


«Alcuni di noi hanno frequentato il Liceo Classico, lo studio della civiltà greca fa parte della nostra formazione e ci ha influenzato molto, soprattutto per quel che riguarda l’idea di società multiculturale. La Grecia anche attraverso le sue colonie ha dato vita a un modello basato sulla fusione di elementi diversi, Fonexénos è un tentativo di riunire diverse realtà culturali e musicali che secondo noi possono benissimo coesistere».

Un esperimento che va oltre la connessione di musiche diverse: Fonexénos, il nuovo album della Rua Catalana, è un tentativo di abbattere barriere e steccati in favore di un dialogo multiculturale, che i ragazzi campani hanno affrontato sin dai tempi della fondazione del gruppo nel 2009. Dieci anni dopo la nascita, La Rua Catalana torna con un lavoro di pregevole sintesi, che mette insieme ascolti di gioventù, nuovi orizzonti sonori, frammenti vocali tradizionali e ricerca sul suono, in un progetto che rappresenta pienamente l’indole eclettica e imprevedibile del quintetto.

Come sottolinea Ernesto Razzano di Bia Dischi, Fonexénos «chiede all’ascoltatore di riappropriarsi del tempo di ascolto». Una sfida importante per La Rua Catalana, che ha elaborato sette brani in studio insieme a Fadà immaginando una stratificazione di idee, spunti e cellule sonore per offrire all’ascoltatore un’esperienza, più che un semplice disco.

«Chi conosce la nostra idea della musica sa bene che pubblichiamo solo quando ci sentiamo di dover dire qualcosa, la sfida è sempre alla base del nostro lavoro, non è un caso che dopo molti anni siamo ancora qui. Fonexénos è il disco che sentiamo più nostro perché lo abbiamo prodotto pezzo per pezzo da noi nel luogo dove abbiamo trascorso più tempo insieme: il nostro studio, proprio quello dove tutto è iniziato».

Fondata nel 2009 a Napoli da studenti beneventani fuori sede, La Rua Catalana debutta all’insegna del prog-rock mediterraneo nel 2011 con un Ep omonimo al quale segue l’anno dopo Something New, con una prima svolta in direzione “british”. Nel 2014 arriva il primo Lp Island Tales, una sorta di summa di questo primo periodo nel quale il quintetto è anche molto attivo dal vivo (partecipa a Arezzo Wave, Meeting Del Mare, Folkest, divide il palco con Giorgio Canali, Francesco di Bella, C.S.I., Brunori SAS, Iosonouncane, Verdena etc.). Con Fonéxenos La Rua Catalana recupera e supera le molteplici esperienze passate sperimentando un linguaggio rinnovato, tra world music, rock contemporaneo e rielaborazione sonora.

 

La Rua Catalana - Fonexénos, copertina album
La Rua Catalana – Fonexénos, copertina album


Cantato in inglese, sorprendente nella miscela di elementi che vanno dai passati ascolti progressive all’indie rock attraversando musica d’autore e popolare, Fonéxenos si confronta anche con la tradizione, quella del Sannio dal quale il quintetto proviene e quella africana, come dimostrano la voce arcaica di Giovannina in Procession (registrata durante i riti penitenziali di Guardia Sanframondi) e quella di Encen Manaky (richiedente asilo della Guinea Bissau) in In 7 violini:

«La cultura orale sannita è straordinaria perché eterogenea e ricca, cambia radicalmente nelle diverse zone pur essendo una provincia tra le più piccole dell’Italia. Ci incuriosiva la possibilità di colorare la nostra musica con sonorità assolutamente originali, volevamo un suono personale che avesse a che fare con le nostre tradizioni più antiche.

Il nostro paese sta conoscendo il multiculturalismo che ha effetti ovviamente anche sulla musica, abbiamo immaginato come persone quali Encen Manaky, che vengono da posti lontani, potessero entrare in contatto con la nostra cultura musicale e magari rinnovarla. Basta pensare alla musica anglo-americana, dietro al cui successo c’è sicuramente la molteplicità di riferimenti propri delle società multietniche. Ne riparliamo fra trent’anni quando tutto ciò avrà attecchito anche in Italia…».


 

..Il nostro paese sta conoscendo il multiculturalismo che ha effetti ovviamente anche sulla musica, abbiamo immaginato come persone quali Encen Manaky, che vengono da posti lontani, potessero entrare in contatto con la nostra cultura musicale e magari rinnovarla..

La Rua Catalana – Intervista a cura di Synpress44

 

– 1) A volte dietro un nome si cela una intera filosofia, o perlomeno un’intenzione artistica forte. Fonexénos la dice lunga: perchè questo titolo?

Alcuni di noi hanno frequentato il Liceo classico, lo studio della civiltà greca fa parte della nostra formazione e ci ha influenzato molto, soprattutto per quel che riguarda l’idea di società multiculturale, la Grecia anche attraverso le sue colonie ha dato vita a un modello culturale basato sulla fusione di elementi culturali diversi, Fonexenos é un tentativo di riunire diverse realtà culturali e musicali che secondo noi possono benissimo coesistere.

 

– 2) Questa svolta della Rua Catalana colpisce per la sintesi tra rock contemporaneo, ricerca elettronica ed elaborazione di materiale tradizionale. È il vostro lavoro più rappresentativo?

Sicuramente é quello che sentiamo più nostro perché lo abbiamo prodotto pezzo per pezzo da noi nel luogo dove abbiamo trascorso più tempo insieme: il nostro studio, proprio quello dove tutto é iniziato.

 

– 3) Nonostante la qualità della produzione e la ricercatezza delle sonorità, vi sta a cuore l’elemento “umano”, ovvero alcune voci assorbite nelle tessiture sonore. Pensiamo alla voce arcaica di Giovannina, registrata durante i riti penitenziali di Guardia Sanframondi…

La cultura orale sannita é straordinaria perché molto eterogenea e ricca, cambia radicalmente nelle diverse zone del Sannio pur essendo una provincia tra le più piccole dell’Italia. Ci incuriosiva la possibilità di colorare la nostra musica con sonorità assolutamente originali, volevamo un suono personale che avesse a che fare con le nostre tradizioni più antiche.

 

– 4) Un’altra partecipazione significativa è quella di Encen Manaky, richiedente asilo della Guinea Bissau. Se quel porto fosse stato chiuso, avremmo perso un’occasione di confronto e di scoperta, sembra voler comunicare la vostra musica.

Il nostro paese sta conoscendo il multiculturalismo che ha effetti ovviamente anche sulla musica, abbiamo immaginato come queste persone che vengono da posti lontani potessero entrare in contatto con la nostra cultura musicale e magari rinnovarla. Basta pensare alla musica, e più in generale alla cultura dell’ultimo secolo che ha dominato lo scenario mondiale, quella anglo- americana, dietro al cui successo c’é sicuramente la molteplicità di riferimenti culturali propri delle società multietniche. Comunque ne riparliamo fra trent’anni quando tutto ciò avrà attecchito anche in Italia…

 

La Rua Catalana - Fonexénos, copertina album
La Rua Catalana. Leonardo De Stasio: voce, chitarra acustica, chitarra elettrica. Corrado Ciervo: voce, violino, viola, batteria, percussioni, drum machine, pianoforte chitarra classica, chitarra elettrica, synth. Carlo Ciervo: basso elettrico, voce, synth, drum machine. Vittorio Coviello: flauto. Giuseppe Tomaciello: drum machine.

– 5)Facciamo un piccolo salto nel passato per capire chi eravate e chi siete. Nel 2011 avete debuttato con un EP omonimo molto diverso dalla Rua Catalana attuale, all’insegna di un prog-folk mediterraneo. L’anno dopo con Something New una svolta “british”. Cosa c’è ancora di quell’impostazione nel gruppo attuale?

L’attitudine verso la musica strumentale é rimasta, ovviamente ha avuto una evoluzione, nel 2009 eravamo quattro ventenni, studenti fuorisede, giravamo per Napoli ascoltando con i primi lettori mp3 Pino Daniele, Osanna, Napoli Centrale… Amavamo e amiamo quel sound, ci emozionava l’idea che quella musica fosse nata nei luoghi che abitavamo! Fu un periodo bellissimo, eravamo giovani ma sognavamo tanto, qualcuno ci sussurrava di lasciar perdere perché il prog non esisteva più soprattutto il neapolitan power ma noi ce ne fregavamo, e pensate a quello che sta succedendo oggi con band come i Nu Guinea….
Durante le registrazioni di La Rua Catalana ci rendemmo conto che il sound stava cambiando, in particolare con il brano Sunshine, che fu registrato nelle stesse sedute, ma finì in Something New.

 

– 6) Alla fine del 2015 esce Island Tales, il vostro primo vero album, con tanto di produzione (Giuseppe Fontanella), etichetta (Octopus) e tour. Che differenze ci sono tra quello e Fonexénos?

Island Tales é un po’ la summa di quello che avevamo fatto nei primi anni e inevitabilmente ha chiuso un ciclo. È quasi un concept, anche la formazione é cambiata, Fonexenos invece é un modo diverso di fare musica per un gruppo di persone che da dieci anni lo fa insieme, é voglia di provare a vedere la musica diversamente dal passato, é energia nuova.

 

– 7) Quanto conta nella vostra musica la provenienza territoriale?

Ci consideriamo campani o cmq ragazzi del sud – molto fieri di esserlo – e non ci piace fare distinzioni, ma siamo consapevoli di venire dalla Campania più recondita e forse meno esplorata. Questo forse può essere un vantaggio…

 

– 8) Come sottolinea Ernesto Razzano di Bia Dischi, Fonexénos «chiede all’ascoltatore di riappropriarsi del tempo di ascolto». Una bella sfida: il vostro pubblico è pronto?

Chi conosce la nostra idea della musica sa bene che pubblichiamo solo quando ci sentiamo di dover dire qualcosa, la sfida é sempre alla base del nostro lavoro, non é un caso che dopo molti anni siamo ancora qui. Qualcuno ci aveva dato per morti, nessuno si aspettava che potessimo pubblicare: oggi la bravura di un gruppo si misura sui like e sul numero di date, tutto questo a noi non importa, non abbiamo nulla da perdere, chi ama la nostra musica lo sa. È stata una fase, adesso é cominciata un’altra, tanti ci hanno scritto facendoci sentire importanti, non pensavamo potessero ricordarsi di noi!


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