Sguardi Paralleli - Mario Ballocco / François Morellet
Redazione Art-Vibes | On 08, Apr 2016
Due strade parallele tra visioni e movimento.
di Redazione Art Vibes
Picture: photo credit: Beatrice Speranza.
La nuova mostra promossa dalla Fondazione Ragghianti, a cura di Paolo Bolpagni, ha due protagonisti: il francese François Morellet (Cholet, 1926), uno dei più grandi e celebrati artisti viventi, tra i maestri indiscussi del contemporaneo, e Mario Ballocco (Milano, 1913-2008), pittore e teorico di enorme talento e genio pionieristico, di cui è in atto da alcuni anni la riscoperta.
Dedicare una mostra, una doppia personale, a Morellet e a Ballocco costituisce il primo tentativo, mai compiuto finora, di accostare i percorsi di due artisti che non si conobbero, ma, soprattutto in alcune fasi delle rispettive carriere, imboccarono “parallelamente” strade analoghe e molto anticipatrici.
I due furono, uno in Francia e l’altro in Italia, precursori, già all’inizio degli anni Cinquanta, di molti aspetti dell’arte cinetica e programmata (e in certa misura anche della Optical Art), che sarebbe esplosa come tendenza generale nel decennio successivo.
Mostra SGUARDI PARALLELI. Mario Ballocco François Morellet – video courtesy of: Fondazione Ragghianti
L’attenzione alle questioni percettive, alla visione e al movimento, al problema della forma e del colore, all’interdisciplinarietà e al rapporto con il design sono elementi che ritroviamo pre-cocemente sia in Ballocco, sia in Morellet. Persino alcuni fattori costituitivi del loro lessico artistico mostrano somiglianze insospettabili: basti confrontare le “trame” del francese con i “reticoli” dell’italiano.
I parallelismi, insomma, sono numerosi e calzanti, a tratti sorprendenti, soprattutto fino ai primi anni Sessanta, quando Morellet, allora esponente del GRAV (il parigino “Group de Recherche d’Art Visuel”), comincerà a sperimentare l’utilizzo del neon e della multimedialità, mentre Ballocco – fermo restando il suo lavoro pittorico – imboccherà la strada del teorico e dell’esperto di problemi cromatologici, anche nell’ambito applicativo e degli studi sul design.
Seguire i loro sviluppi a partire dalla metà degli anni Quaranta consente di misurare il progressivo approdo dei due artisti all’astrattismo. Il 1950 è un anno di svolta per entrambi: Ballocco fonda il Gruppo Origine insieme con Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi ed Ettore Colla, mentre Morellet, abbandonata ogni traccia informale, “conquista” la geometria, iniziando a realizzare dipinti scanditi in precisi ritmi visivi.
Nel 1952 si affaccia in ambedue gli artisti la questione della modularità: le “grate” e i “reticoli” di Ballocco si trasformano in griglie e sequenze di rettangoli; Morellet, da parte sua, costruisce le proprie opere sul quadrato e sul triangolo. Già nella seconda metà degli anni Cinquanta la loro produzione è ormai improntata a una ricerca intorno alla forma e al colore: al centro dell’attenzione è lo studio dei meccanismi della visione e dei fenomeni ottici. Il linguaggio impiegato da entrambi è astratto, ma si pone al di là degli stili delle precedenti avanguardie: l’intento è di superare la nozione tradizionale di arte come “espressione” per puntare al coinvolgimento dello spettatore non sul piano emozionale, bensì percettivo e psicologico.
Dopo una fase di maggiore distanza (soprattutto fra il 1963 e il 1968), è interessante notare che, verso la fine degli anni Settanta, i percorsi di Ballocco e di Morellet si incontreranno di nuovo – sempre “a distanza” – nel privilegiare l’utilizzo del bianco e nero, e quindi un progressivo abbandono del colore.
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