Erich Turroni - Carsico
Redazione Art-Vibes | On 15, Feb 2016
Una possente e implacabile elegia dell’umano.
di Redazione Art Vibes
– Picture: Erich Turroni, Carsico. photo by Dario Lasagni
Cristallino chiude il suo primo atto con un evento speciale, l’inaugurazione della personale di Erich Turroni, che sarà allestita nelle sale del Musas – Museo Storico Archeologico di Santarcangelo di Romagna, dal 20 febbraio al 20 marzo 2016.
L’inaugurazione è fissata per sabato 20 febbraio alle ore 17.30, con un intervento del critico, pittore e poeta Gian Ruggero Manzoni. Durante la serata verrà presentato anche il catalogo che raccoglie le ultime opere e alcune carte originali dell’artista, edito in serie limitata da Calligraphie nella collana di arte contemporanea IN-PLANO.
La ricerca di Erich Turroni tende nel suo complesso a configurarsi come una possente, implacabile elegia dell’umano. Elegiaca può dirsi intanto la traiettoria del suo stile, calibrata sulla ritrazione piuttosto che sull’azione, nella quale domina un riserbo, un pudore espressivo talmente rigoroso da escludere qualsiasi residuo d’intenzionalità soggettiva; ma elegiaca è soprattutto la prospettiva da cui egli osserva il suo oggetto, la modalità in cui esso si rende manifesto, quasi si trattasse di una materia obsoleta, perduta, e lui fosse lì per circoscriverne l’estremo barlume. Perché la figura umana, esclusivo leitmotiv della sua opera, porta qui il segno di una condizione postuma, di un crepuscolo; si profila come qualcosa di rassegnato in una distanza incommensurabile, chiuso nella perfetta dolorosità di un commiato.
“Lo trovassimo anche noi un umano
puro, contenuto, ristretto, una striscia nostra di terra
feconda tra fiume e roccia. Perché il nostro cuore ci trascende
ancora, come il loro trascendeva loro. Ma non possiamo più
perseguirlo in immagini dov’esso si plachi, né
in corpi divini dove, più grande, si moderi.”RAINER MARIA RILKE, Elegie Duinesi
Nelle sale del Musas l’artista presenterà delle installazioni e delle opere a parete che appartengono alla sua ultima produzione e che rimarcano ancora una volta come la sua indagine artistica si attesti esclusivamente sulla persona: una individualità generica e indeterminata, in bilico fra scaturigine e fading, scolpita nell’atto di emergere da chissà quali recessi minerali, o, al contrario, in procinto di svanire, assorbita dalla liquidità di un fondale.
Attraverso due canali stilistici diametralmente opposti eppure complementari, egli ci consegna delle sembianze ancora in germe, ridotte al loro minimum, segnate dal marchio della precarietà. Un indizio che nell’opera scultorea, a fronte delle proporzioni monumentali e massicce, si manifesta soprattutto nella testura delle superfici, in tutto simili a delle pelli cicatriziali – ruvide, corrose, abrasive; mentre in quella pittorica si esplicita in un dettato figurativo evanescente, mutevole, restio a coagulare.
Forme dunque in fieri, barlumi di una coscienza primordiale, del suo sogno o del suo più prossimo incubo – dirette a dare testimonianza di una sorta di oralità primaria dell’umano, di un suo esatto archetipo.
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